Orgogliosamente anacronistico, Mario Ferrario ha saputo unire come pochi impegno civile e arte, restituendo alla pittura quello slancio civile di denuncia che ha da tempo smarrito. Il film, come l'opera incompiuta che ne dà il titolo, in seguito all'improvvisa scomparsa del pittore, è diventato così una sorta di testamento spirituale.