Un gruppo di operai in pensione riprende il lavoro per insegnare il mestiere a 13 detenuti nell’officina nata in carcere.
La trasmissione del sapere rovescia il rapporto libertà-prigionia. Usare la vite giusta diventa metafora della ricostruzione di una vita. L’officina dei detenuti è spazio di libertà.
Se l’operaio torna metalmeccanico in prigione, il detenuto con quello stesso ruolo rientra nel gioco della vita.
Il tono è leggero, quasi da commedia.
Nel “lavoro fuori” il lunedì è il giorno peggiore, nel “lavoro dentro” è il migliore. Sabato e domenica per il detenuto-operaio sono solo noia e l’attesa del lavoro di chi non vuole ferie. Un documentario per la dignità dell’uomo.
Note di regia
Il carcere è un non-luogo senza tempo. La peggiore condanna cui è sottoposto un detenuto è la sottrazione del trascorrere dei giorni. I detenuti che lavorano in questa insolita officina all’interno del carcere della Dozza in qualche modo hanno ritrovato un luogo di libertà e un tempo di vita.
I giorni della settimana hanno un senso e una cadenza dettata dai turni di lavoro. I gesti e le parole evadono per costruire un mestiere e relazioni umane. Nè detenuti, nè uomini liberi, solo operai uniti nel lavoro, scambio di saperi, “storie di viti e di vite”. «Per me è solo un’officina - dice un tutoroperaio - è come essere in un campo di calcio, il pubblico non lo senti».
Ho immaginato Meno male è lunedì come una “commedia brillante” dietro le sbarre. Otto giorni, da lunedì a lunedì, per costruire un grande manufatto, una Spider dalla calotta arancione, ingranaggio fondamentale di un sistema avanzato di confezionamento della merce.
I dialoghi e le confessioni dei protagonisti accompagnano la costruzione del manufatto, anzi sono “la storia del manufatto” e delle mani che l’hanno creato.